PROLOGO: Benson, Arizona

 

L’edificio in legno che era la Chiesa della Santissima Vergine era l’unica struttura risparmiata dalla furia degli elementi scatenatasi a Benson. Il resto del paese era ridotto ad una zona di guerra.. Non c’era tetto che non fosse stato scoperchiato. Ogni oggetto che non fosse stato saldamente fissato al suolo era sparpagliato per le stradine. Dai cestini dei rifiuti, agli oggetti personali più disparati, ai rifiuti stessi, ai pochi autoveicoli di questa gente non certo ricca, ma dignitosa. Dignitosa abbastanza da fare del proprio meglio per disporre delle minime comodità in un paese che, come tanti, aveva visto giorni migliori durante la corsa all’oro.

 

Procedeva lungo le strade vuote, intoccata dal vento furioso che in lei trovava il suo occhio quieto. Il suo volto presentava ancora i lividi di uno schiaffone, e c’erano lividi sul suo braccino destro. Indossava solo una t-shirt lacera, un tempo bianca, ora del colore della sabbia.

Ma nessuna di quelle ferite esterne visibili, come quelle sotto gli abiti, le più umilianti, le più terribili, poteva essere paragonata al dolore che la piccola Wendy sentiva dentro!

I suoi occhioni, un tempo allegri, erano colmi di rabbia e di lacrime. In pochi mesi, l’innocenza era stata rimpiazzata da un cinismo innaturale per quell’età.

Procedeva lungo le strade vuote, dedicando poco più di uno sguardo sprezzante verso un cadavere umano. Il corpo stava appoggiato con la schiena alla porta di una casa. Un tempo, quello era stato un uomo nel vigore dei suoi 30 anni, tutti temprati dalla vita sotto il sole cocente e la sabbia sferzante. Ora era un corpo rinsecchito, dalla pelle grigia, le orbite vuote e le labbra contratte come in una ‘o’ di stupore. Una stella dorata brillava sulla camicia lacera.

Procedeva lungo le strade vuote. Ora era al sicuro, c’erano i suoi amici, a prendersi cura di lei. Doveva solo essere sicura che nessuno le si sarebbe mai più avvicinato. E poi, sarebbe stata felice, sì…

 

 

MARVELIT presenta

di Valerio Pastore

Episodio 12 - …CHE AI NEMICI BADO IO

 

 

All’interno della chiesa, le speranze erano ormai morte con l’ultima batteria della radio. L’apparecchio si era rivelato inutile fin dall’inizio della crisi -ma non sorprendeva più di tanto, visto che ogni comunicazione era stata praticamente interrotta da quando…Wendy…

Petunia Grimm girò un’ultima volta le manopole, ben sapendo che era poco più di un riflesso di quanto tentato nelle ultime ore.

Niente comunicazioni, niente soccorso. Niente Fantastici Quattro

La donna guardò verso il resto della popolazione, 60 anime lei compresa. Tutti, chi più chi meno, o piangevano sommessamente, o con occhi vitrei fissavano davanti a sé in stato di choc, o borbottavano preghiere.

Petunia sospirò: lacrime di coccodrillo, preghiere di peccatori e complici del peccato. Nessuno sarebbe…

Il portone della chiesa si spalancò! O, meglio, fu spalancato con forza. Le catene che avrebbero dovuto tenere chiuse le ante si spezzarono con uno schiocco secco. Le due massicce assi inchiodate sopra e sotto le catene fecero la stessa fine, seminando una pioggia di schegge. Le persone più vicine al portone urlarono, e si ritrassero quasi calpestandosi l’un l’altro. Cercare di controllarle era inutile, soprattutto quando tutti videro chi aveva aperto le porte.

Nel panico, nessuno si accorse che il vento non entrava nella chiesa. Tutta l’attenzione generale era concentrata sugli stranieri. Quello a sinistra indossava un costume blu e arancio, di cotta e placche metalliche. Portava una borsa a tracolla, e un ampio mantello arancio e decisamente lacero. Il mantello terminava in un largo cappuccio, che sembrava gettare un’ombra permanente sul volto, del quale si vedevano solo due malevoli, grandi occhi rossi…

E’ vero che Petunia riconobbe subito il criminale chiamato Hobgoblin -essere la zia della Cosa degli F4 l’aveva spinta a tenersi sempre aggiornata sulle imprese dei super-esseri- ma era anche vero che lei riconobbe anche la donna che l’altro straniero stava portando in braccio… “Dottoressa Efford!

“Lei è un medico?” chiese Hobgoblin, e la sua voce era qualcosa di cupo, ringhiante, osceno. La donna smise di colpo di correre verso il super-essere. Se la sua faccia rifletteva anche solo in parte quella voce, allora quel cappuccio era una benedizione…

Alla domanda di Hobgoblin, lei annuì. “S..sì. Gestivo l’ambulatorio dell’ospedale…”

“E finirà con l’andarci lei per la paura, se non tieni il becco chiuso,” disse l’uomo(?) che stava reggendo la donna. Indossava un’armatura nero-bluastra, con un drappo rosso frontale su cui era dipinto, all’altezza del petto, un teschio con tibie incrociate. E quell’essere portava un elmo forgiato come un teschio alato, molto realistico. Petunia non lo conosceva, e non era sicura di volere sapere il suo nome...

Guidato da un uomo anziano con il camice bianco e un paio di stampelle, l’uomo in armatura depose l’archeologa su una branda improvvisata con due panche. La poveretta aveva perso conoscenza. La sola, orrenda ferita che presentava, erano gli occhi ormai vuoti, incrostati di sangue, privati anche delle palpebre.

L’anziano aprì una valigetta da pronto soccorso –una delle poche cose che erano riusciti a portare via dall’ospedale prima che venisse distrutto. Con i pochi strumenti a disposizione, Jacob Grimm esaminò lo stato di Ruth Efford. Scosse la testa, sconsolato. “Ha una bella fibra, ma resta grave. Ci vogliono antibiotici, una trasfusione, un’operazione per ripulire i vasi ed i nervi ottici distrutti...E l’infezione è avanzata, ormai.”

“Ho già provato a dirigermi verso un ospedale,” disse l’uomo in armatura. Nel frattempo, diversi uomini stavano facendo del loro meglio per chiudere la porta. “Batwing vola forte...ma questa tempesta, anche se mi permette di muovermi dentro questo posto, non mi permette di uscire.”

Petunia annuì. “Wendy ha isolato Benson, e...Ma chi è lei? Un amico di...” e qui, il suo sguardo, puntato su Hobgoblin, si fece duro.

“In un certo senso. Io sono Dreadknight. Siamo in otto, e potete chiamarci Supernaturals. E siamo qui per cercare di risolvere questo casino, non per infierire. Chi è Wendy?”

 

“Ehi, lupetta, non mi fare mica scherzi, sai? Cerca almeno di aprire gli occhi, su!”

Era sicura che si sarebbe spezzata la schiena. Si sentiva tutta un livido, ma era anche vero che si trattava di immaginazione. Praticamente, Nightshade non aveva un graffio.

La licantropa dalla nera pelliccia riprese pienamente conoscenza. Era atterrata sulla schiena, dopo avere invano tentato di posizionarsi per attutire l’impatto. Il vento glielo aveva impedito...

Nessun santo da ringraziare, comunque, ne era certa, se non l’ultimo proprietario della sua armatura argentea: Pintea, una leggenda della Transilvania del Nord.

Nightshade accettò volentieri l’aiuto di Moonhunter, per rialzarsi. Ora che ci pensava, non solo non era ferita, ma si sentiva come...fortificata. Come se l’energia...dell’impatto...

Si toccò il corpetto metallico. Magia? Sicuro, e forse, forse, anche... “Vibranio. Questa roba è fatta di vibranio. Ha assorbito l’energia cinetica dell’impatto, e l’ha trasmessa a me.”

“Magnifico,” l’ex cacciatore di licantropi le diede una pacca sulla spalla nuda sotto il metallo. “Adesso pensiamo a fare i grandi eroi, o col cavolo che riuscirai a pubblicare quest’esclusiva su Nature.”

Entrambi saltarono sullo skycicle di Moonhunter. “Non mi dire che sai anche leggere, musorosso.”

“Saresti sorpresa, se mi conoscessi meglio, visop...lascia stare, va’. Hay-ho, Silver, e Viaa!” un colpo di acceleratore, ed il veicolo sagomato come un lupo in corsa partì a razzo lungo la Main Street.

 

Dall’altra parte del paese, Wendy era giunta dove tutto era iniziato. Una baracca di legno ed alluminio, che comunque per lei era stata una reggia. Ora, era la tana delle sue paure.

Intorno a lei, in formazione fitta, zampettavano le nere creature che, in tutti quegli anni, le erano state amiche. I suoi Amici Speciali, che le parlavano senza usare la bocca, sussurrando nella sua anima. Assomigliavano a degli gnomi infernali, con le loro boccucce senza labbra, gli occhietti triangolari bianchi, e le ampie placche craniche. Si muovevano come ragni, con braccia e gambe che potevano essere di gomma, per come erano agili e snodate.

Wendy non sapeva cosa fare. Non le era piaciuto, quello che aveva fatto, ma doveva farlo. Lei voleva solo essere felice, come quando c’era la mamma, come quando poteva andare dai suoi Amici Speciali, invece di essere separata da loro per forza...Guardata a vista come una pazza.

E le accuse, le accuse negli occhi di tutti gli altri, accuse pronunciate a voce alta o con il tiro di sassi...Tutti la odiavano, la ritenevano responsabile, ma non era colpa sua..!

Wendy non si accorse di stare piangendo. Un Amico si arrampicò sul suo corpicino, fermandosi quando fu arrivato alla testa. A quel punto, iniziò a passarle le manine dalle lunghe dita nei capelli, ed a sussurrarle.

Wendy ridacchiò, già sentendosi meglio. Adesso, doveva solo andare da Zia Petunia e...

L’istante magico cessò improvvisamente! Gli Amici di Wendy si voltarono tutti all’unisono, e per la prima volta da quando li conosceva, Wendy li sentì parlare! Emisero tutti una specie di soffio, come gatti arrabbiati. E non c’era dubbio che la loro posa, adesso, era di chi fosse pronto a combattere.

Eppure...i suoi Amici erano perplessi. Si guardavano intorno, come se il pericolo venisse da ogni possibile direzione.

La bambina era stanca, non aveva dormito dal giorno prima, era disattenta. Quando giunse la nebbia, emise un gridolino strozzato. Era una nebbia densa, ma secca come il fumo...

Improvvisamente, spuntate dal nulla, due braccia coperte di rossa pelliccia l’afferrarono senza sforzo, e lei si trovò presa in una corsa sfrenata. Tenuta fra le braccia di un licantropo!

Wendy urlò! I suoi Amici tallonavano il rapitore con velocità insospettata, ed avrebbero avuto senza dubbio la meglio, alla lunga...Ma Lilith, la Figlia di Dracula, non era arrivata a guadagnarsi il titolo di Erede di suo padre senza essere capace di adattarsi agli imprevisti.

La vampira spiccò un salto. In un momento, la nuova forma transpecie che assunse fu quella di pipistrello. Il vento era tosto, ma niente in confronto alle tempeste evocate da suo padre, o da lei stessa.

A quel punto, Lilith si concentrò sulla piccola umana: lei era responsabile di questa distruzione, l’energia mistica fluiva inequivocabilmente dentro e fuori di lei. Soluzione: eliminare il problema.

Il pipistrello spalancò le fauci, pronto a succhiare ogni goccia di vita...Quando si accorse che, adesso, lo sguardo di Wendy era passato dal terrore all’odio. Gli occhi della bambina brillarono.

Fu come avere passato un cavo dell’alta tensione lungo la spina dorsale di Lilith! Il pipistrello si irrigidì, urlando, e precipitò al suolo. Mentre Wendy restava in piedi, sprezzante.

 

“Wendy era...è una bambina come tante altre, qui,” disse Petunia, finendo di fasciare le ferite minori di Ruth. “Miseria, delusioni, nessuna prospettiva...Se citassi tutte le famiglie con dei problemi di questo posto, arriveremmo a domani.

“Wendy era un po’ speciale. Era un piccolo raggio di sole, come sua madre: come i suoi coetanei, ha dovuto crescere in fretta, ma in qualche modo riusciva ad essere sempre gentile, sempre con un sorriso per gli altri...All’ospedale, l’avevamo adottata un po’ tutti.

“Suo padre aveva già un caratteraccio quando la moglie era viva, ma dopo la morte di lei, peggiorò visibilmente. Aveva preso ad ubriacarsi, e aveva fatto di Wendy la sua schiava personale, facendole fare tutti i lavori domestici e picchiandola alla minima scusa. E la piccola, poveretta, continuava a volergli tutto il bene del mondo...Non lo avrebbe denunciato mai, e, badate bene, non per paura, ma perché era convinta che alla fine tutto si sarebbe risolto per il meglio. La legge era impotente...O meglio, tutti noi avevamo deciso di chiudere un occhio, perché, in fondo, eravamo rassegnati noi stessi.

“Qualche anno fa, cominciarono a manifestarsi delle morti strane[i]. La gente moriva di paura, senza alcuna ragione precisa. Decisi di chiedere aiuto ai Fantastici Quattro, e quasi subito dopo Benson fu attaccata da queste creature soprannaturali. Apparentemente, erano loro la causa di quelle morti; con la loro invasione, infatti, le vittime si moltiplicarono.

“Ruth supponeva che queste creature si manifestassero ad intervalli regolari, forse per giudicare la gente che abita queste zone...ma non sono mai state trovate prove dirette di queste ragioni.

“Fatto stava che la maggioranza di Benson sopravvisse alla ‘prova’. Le cose tornarono alla loro squallida normalità. Il padre di Wendy riprese ad ubriacarsi, e lei continuava a sorridere come un angelo...

“Un giorno, Bobby, il figlio dello sceriffo, tornò al villaggio urlando che Wendy era una strega, che andava in un cimitero indiano a confabulare con i mostri che ci avevano attaccato. Quando una pattuglia dello sceriffo andò a controllare, dei mostri non c’era traccia, e Wendy teneva la bocca cucita. Ruth cercò di blandirla con ogni mezzo possibile, credo ache avrebbe letteralmente venduto la sua anima, ma senza risultato. Era la prima volta che vedevo Wendy così arrabbiata e cocciuta, e, lo ammetto, avevo paura.

“Le voci si moltiplicarono, ed ora tutti guardavano con occhio storto la piccola. Ci furono le prime aggressioni, e nessun testimone. E le ferite di Wendy si fecero più gravi.

“Eppure, lei sopportava quel dolore. Ricordo ancora che, quando le stavo suturando una caviglia, lei se ne stava ferma, insensibile nonostante non avessi usato sedativi. Stava lì, sul lettino, e guardava verso la finestra, verso il suo ‘posto segreto’. Era triste perché non poteva frequentare i suoi ‘amici speciali’. Lo sceriffo aveva disposto delle pattuglie, e neppure un cane poteva avvicinarsi al cimitero -sempre che sia un cimitero…

“Il peggio accadde ieri: proprio quella mattina, avevo nuovamente ricevuto la piccola, che era stata picchiata pesantemente. E da come parlava, non mi ci volle molto, per capire che suo padre l’aveva stuprata.”

Impossibile vedere quale fu l’espressione sotto l’elmo a teschio. Tuttavia, non ci fu modo di equivocare il terribile ringhio che sfuggì dalla gola di Hobgoblin –lui aveva un figlio, e per quel figlio aveva sacrificato la sua umanità[ii]! Come poteva un essere umano, un padre di famiglia, violare così la sua progenie?!

“Avevo già chiamato la polizia,” riprese Petunia, “ma a quel punto era troppo tardi. Le creature avevano risparmiato il padre di Wendy, forse avevano visto qualcosa di buono in lui, non lo so...Ma questa volta, il giudizio non sarebbe stato altrettanto pietoso, come avete visto. Non solo le creature ora sono tornate, ma Wendy è diventata il ricettacolo vivente per le forze che le alimentano. Con quel potere, ha letteralmente cancellato la mente di suo padre...” con la testa, la donna indicò una branda dove giaceva un corpo maschile abbrutito, inerte, sveglio ma privo di ogni barlume di intelletto, ridotto ad un vegetale sbavante dallo sguardo vitreo.

In quel momento, Ruth Efford emise un gemito.

 

Nebulon ricadde all’indietro per l’ennesima volta.

L’ingresso al ‘cimitero’ era una specie di porta incorniciata nel terreno. Le rocce erano venate di colori irreali, sotto un cielo scuro, infernale, dipinto di sfumature di verde percorso da fulmini.

L’Uomo Celestiale non aveva dubbi: quello era l’epicentro della follia scatenata a Benson! Ai suoi occhi, il luogo brillava di altri colori, invisibili ai comuni mortali, colori indescrivibili, che per intensità sminuivano quelli che avevano invaso il paese. Doveva essere una parte della magia che aveva tenuto quel posto invisibile agli intrusi.

Questo luogo e Benson erano legati fra loro come da un cordone ombelicale. Tranciato il cordone, le forze mistiche del cimitero si sarebbero ritirate da dove erano venute…Sempre ammesso che Nebulon riuscisse a varcare la soglia.

In qualche modo, ogni suo attacco gli veniva rivolto contro. Per vincere quelle forze, avrebbe dovuto esautorare molte, preziose bio-energie terrestri.

Qualunque fosse la causa del fenomeno, era ormai chiaro che non poteva perdere altro tempo a fronteggiarla direttamente…E, a mali estremi… “Carrion.

Un lampo abbagliante allo zolfo, e Carrion apparve. Un morto vivente, vestito appena di uno straccio di calzone ed una mantellina con cappuccio altrettanto frusta. L’altro pezzo di abbigliamento erano gli stivali di stoffa, anch’essa grigia e rovinata. A tracolla, portava una borsa di cuoio molto vecchia. Le sue carni erano ingiallite, e i suoi occhi erano bianchi, dentro un volto raggrinzito ma ancora acceso dalla luce della vita.

Nebulon, nelle sue esperienze, nella sua vita precedente, aveva imparato ad apprezzare significativamente il valore della vita, sotto ogni sua forma. A differenza di molti dei suoi compagni, non avrebbe ucciso tour-court. Avrebbe voluto esaminare le forze in gioco, ma il tempo scarseggiava, e la scelta era diventata obbligata. E, comunque, le forze dietro all’attacco a Benson erano tutt’altro che positive…C’era solo da sperare che il rimedio non si dimostrasse peggiore del male…

Nebulon fece un cenno a Carrion, e questi si avvicinò alla soglia. Il piano concordato era semplice, del resto: Carrion doveva solo indebolire le entità ctoniche, e Nebulon avrebbe pensato a fare il resto.

 

“ATTENTO!”

Zachary Moonhunter sterzò nel momento stesso in cui se la vide arrivare addosso, ma non fu necessario. Perché Lilith, un attimo prima dell’impatto, si trasformò in nebbia. “Andiamo bene,” commentò l’indiano, guardando in alto, verso Wendy. Se quel soldo di cacio da solo sapeva mettere Lilith al tappeto, cosa potevano fare loro due?

Il cielo intorno a Wendy si riempì di nebbia in volute vorticanti. Fulmini iniziarono a piovere dal cielo!

Due di essi colpirono in pieno lo Skycicle, infrangendosi contro la protezione delle mistiche rune incise sul serbatoio.

Moonhunter non volle aspettare di vedere la prossima mossa. Estrasse il fucile a canne mozze, e mirò alla bambina. “Questo farà più male a me che a te, piccola.” E sparò!

 

Ognuno dei pallettoni recava una runa, per garantire la migliore penetrazione contro gli scudi mistici.

Gli occhi di Wendy brillarono. E i proiettili esplosero tutti insieme, dissolvendosi in un’innocua nuvola di fumo.

 

“Adesso siamo nei guai, vero?” Moonhunter aveva usato la sua arma migliore, e poteva solo sperare di sopravvivere al contrattacc…

Un fulmine partì, e, istintivamente, sia lui che Nightshade si raccolsero…Prima di udire l’urlo della bambina!

Un fulmine era partito, ma era stato diretto contro di lei!

“Piccola sciocca presuntuosa,” disse Lilith, in piedi in mezzo alla strada, usando le mani per controllare la furia degli elementi aerei. “Nessuno può colpire impunemente la figlia di Dracula!” E fece partire un altro fulmine.

 

Carrion avanzò, camminando a pochi centimetri dal suolo. Ogni attacco si infranse contro la sua persona.

Una conseguenza della simbiosi con il Virus Carrion aveva fatto di William Allen, fra le altre cose, una creatura capace di respingere e distruggere ogni cosa che fosse viva. Per tale ragione, la magia, che trovava nel mana vivente il proprio nutrimento, era pressoché inefficace contro quel vuoto biologico ambulante.

Carrion procedette, e nell’aria si udirono i lamenti frustrati degli spiriti che comandavano quelle forze. Entrò.

L’ambiente interno consisteva di una specie di grande camera. Un tempo, c’erano state solide pareti ed altri oggetti di granito bianco, ma di essi erano ormai rimasti monconi, pezzi sparpagliati. Una frana aveva sepolto quasi tutto quello che si poteva seppellire.

William Allen era incuriosito dai misteri che si potevano celare in quella camera, ma ora non c’era tempo da perdere. Procedette lungo i resti di un corridoio, che partiva dal lato opposto all’ingresso. Ad un certo punto, si trovò la strada bloccata da un cumulo di massi.

Non era un problema. In un lampo, scomparve,

ed apparve dall’altro lato. E il suo volto impassibile ebbe un moto di sorpresa.

 

Gli Amici attaccarono. Furono velocissimi. Come un unico organismo composito, si riversarono su Lilith, sommergendola col proprio peso in pochi istanti.

Non durò molto, non contro un essere che poteva diventare nebbia sotto le loro mani.

Lilith sorrise. “Ed ora, piccini,” disse, levando una mano, pronta a scatenare il suo fulmine migliore, “è il momento della…”

“NO!” due forti mani artigliate le afferrarono il braccio. Tagak spinse la vampira a terra, deconcentrandola.

Moonhunter vide le nere creature formare un cerchio serrato intorno al gruppo. Sopra tutti loro, Wendy sorrise, mentre rivoli di una sorta di fumo denso si condensavano intorno a lei.

“Dannazione,” la femmina fissò l’uomo-leopardo extradimensionale con occhi infuocati. “Hai deciso di farci uccidere tutti?!”

Tagak le lasciò il braccio, e scosse la testa. “No. Ho deciso di impedirti di commettere un grave errore.”

 

“Presuntuosa…sono stata presuntuosa…” Ruth era febbricitante, tremava. Bevve con gratitudine da un bicchier d’acqua.

“Dottoressa,” disse Jacob, reggendo il bicchiere, “Non si deve sforzare, la…”

L’anziana archeologa fissò i suoi occhi bendati sul medico come se ancora potesse guardarlo dritto fino al cuore. “Dottor Grimm, dobbiamo salvarci la pelle, e ciò conta molto più della mia salute.” Poi, ai due angeli oscuri, disse, “Come stavo dicendo, ho pagato la mia cecità di fronte ai fatti con questi inutili occhi.

“Ne’ Wendy, ne’ i suoi amici sono i responsabili di questo disastro, così come gli ‘Amici’ stessi non hanno a che vedere con i precedenti.

“Ieri mi stavo dedicando ad una più accurata ispezione del sito dove Wendy, tempo fa, trovò le punte di freccia che mi spinsero a cercare la verità.

“Uno strato geologico interessante aveva subito attirato la mia attenzione fin dal primo scavo, e non tanto per gli oggetti, quanto per il fatto che uno strato corrispondente a circa diecimila anni fa, fosse totalmente carbonizzato. Distruzione totale, la ‘Grande Purga’, come mi piace chiamarla.

“Senza i dati necessari, potevo solo congetturare di qualche disastro forse di natura meteorica piombato di punto in bianco in quest’area…Naturalmente, mandai campioni ai miei colleghi sparsi per mezzo mondo. E la risposta fu unanime: la Purga era stata molto più di qualunque disastro anche cosmico. Per ottenere quello strato carbonizzato spesso diversi centimetri, erano state messe in gioco forze di una potenza inimmaginabile.

“Ovviamente, la comunità scientifica deve prendere simili notizie con le molle, e non sarei sorpresa di scoprire che oggi sono in pochi ed affamati di pubblicità, a fare finta di indagare seriamente, per poi spargere cavolate a pioggia sugli UFO o roba del genere.

“Io, comunque, sono rimasta a Benson per capirci qualcosa. E finalmente, due giorni fa, ho trovato questo.” La donna frugò nella tasca sinistra del suo cappotto. Ne estrasse un oggetto, una minuscola testa di serpente dalle fauci spalancate. Era fatta di pura giada, con gioielli per occhi, venata di metallo fra una scaglia e l’altra. Era così bene lavorata che sembrava viva e pronta a mordere.

Ruth accarezzò l’oggetto con reverenza. “Stava nello strato dell’ultima Purga. Curioso, vero? Credo che la lavorazione suggerisca tecniche che diecimila anni fa non se le sognavano neppure…per quanto ne sappiamo di storia.

“Ahh, datemi della buona tecnologia ogni giorno, ve lo dico io. In capo a una giornata, con una macchina fotografica digitale e una casella di e-mail, ho spedito l’immagine del reperto a un mio collega specializzato in una certa branca della storia…e indovinate un po’? Ha confermato i miei sospetti: questa testa apparteneva a un bracciale cerimoniale usato dagli adoratori di Set.” Il dolore doveva essere tremendo, eppure, il volto imperlato di sudore gelido, Ruth Efford stava sorridendo.

“L’Era Hyboriana?” chiese Dreadknight. “Ma cosa significa? E che c’entrano gli Amici di…” in quel momento, si udì come un orrendo ruggito che scosse l’intero edificio. Le pareti scricchiolarono pericolosamente. Poi, le finestre esplosero verso l’interno!

Tentacoli di forza oscura irruppero nella chiesa. La gente fu completamente presa dal panico. Tutti si gettarono verso le porte, dimenticandosi di aprirle, spingendo ciecamente, sopraffacendosi in preda al terrore cieco. Tutti sapevano cosa sarebbe successo, se fossero stati costretti a confrontare l’oscurità interiore che li contaminava: sarebbero morti.

Hobgoblin stese le mani e fece fuoco -letteralmente. Fiammate di fuoco infernale sgorgarono dagli arti, e investirono i tentacoli. Nell’etere si diffusero grida echeggianti di agonia.

“Sei preparato, vedo? Fan di Howard?” la Dottoressa Efford chiacchierava come niente fosse, mentre Dreadknight usava lo scudo e la lancia a tecnologia mis-tecnica per parare i colpi diretti contro la donna.

“Non proprio. Ho avuto accesso alle biblioteche sia del Dottor Destino che dell’originale Barone Frankenstein.”

“Hm, sì. Persone davvero preparate in campi che troppo frettolosamente vengono bollati come…” gemette.

“Ruth!” Petunia si chinò a sentirle il polso. Irregolare, accelerato…

La donna scostò gentilmente la mano più giovane. A Dreadknight disse, “E’ buffo, no? Quando sei convinto di qualcosa, non importa quanto apparentemente giusta, per comprenderla appieno devi pensarci su nuovamente, a testa calma.

“Quando vidi quei mostriciattoli, ero convinta che fossero loro la causa della Purga…Invece, erano ben altre forze, sì!

“Saprai sicuramente che razza di demone fosse Set, il dio-Serpente dalle sette teste. Ovviamente, la sua magia non aveva nulla di positivo.

“Quello che, per forza di cose, sono in pochi a sapere, è che quando Set fu…costretto a lasciare questo piano, si lasciò dietro numerosi artefatti che gli permettessero di collegarsi al nostro mondo. Artefatti che dovevano essere custoditi nella camera sotterranea scoperta da Wendy, il ‘cimitero indiano’.”

 

William Allen era un microbiologo, ma la sua insaziabile curiosità, la stessa curiosità che lo aveva spinto ad iniettarsi il Virus Carrion, lo aveva spinto, nel tempo libero, ad occuparsi di svariate branche del sapere umano.

E la visione della grande ruota in pietra e giada, sospesa sopra un altare di giada, che dominava questa camera, era qualcosa di esaltante. I simboli, neri, no di un bruno scuro, del colore del vecchio sangue rappreso, incisi in uno schema a spirale, convogliavano verso le fauci spalancate di un serpente, come se la creatura usasse la ruota per parlare.

Un bozzolo di luce brillava sull’altare. Carrion si avvicinò ad esso, e vide che il bozzolo, in realtà, era una piccola figura umana, anche se non meglio definita…

 

I tentacoli di oscurità erano tenuti a bada, ma il loro attacco non perdeva vigore. Il terrore interiore della gente funzionava come un irresistibile magnete, e per uno che veniva distrutto, altri due ne prendevano il posto.

E Ruth Efford continuava a parlare come se nulla fosse. “La madre di Wendy era una rara sciamana, e qualcosa deve essere passata alla figlia, se i suoi Amici hanno deciso di proteggerla con tanta dedizione…Sì, Penny,” aggiunse, allo sguardo sorpreso di Petunia, “hai sentito bene. Proteggere lei, e tutti noi miseri peccatori. Posso non sapere nulla di queste strane creature, ma so che mi hanno permesso di arrivare fin qui dalla Camera. Non fosse stato per loro, sarei morta.

“Ma sto divagando. Mentre mi accingevo a riprendere le indagini, Wendy entrò di corsa nella camera. Era conciata davvero male, questa volta. Avrei voluto andarle incontro, aiutarla…ma una specie di terrore mi serrò il cuore. Era qualcosa che mi tenne inchiodata lì dov’ero, non saprei neppure definirlo.

“Fatto sta che rimasi lì a balbettare come un’idiota, mentre Wendy passava attraverso un cumulo di rocce,” lo disse con la massima naturalezza, come cosa di tutti i giorni. “Poi è scoppiato l’inferno, e il resto è storia.”

 

“Cos’hai detto?” chiese una stupefatta Lilith.

Tagak annuì. “Sono cieco, ma ci sono cose oltre la vista che i miei occhi possono vedere. E quella che vuoi combattere è un’incarnazione. È la proiezione astrale della bambina, resa solida dalle forze oscure che possiedono il suo corpo.

“La bambina è forte, molto…ma quando cede al terrore, diventa preda del male. Più l’attacchiamo, più il male si raffoza attraverso di lei. Non solo: ogni attacco a questa incarnazione ha effetti fisici sul suo corpo fisico prigioniero.”

“Ops.”

“E come la liberiamo?” chiese Moonhunter, in mezzo a un vento sempre più forte. L’eroe faceva fatica a mantenere la moto stabile. Si chiese se quei due avessero piombo nelle gambe. “Le cantiamo una ninnananna o mettiamo su una compilation Disney? Dubito che offrirle caramelle, oggidì, servirebbe.”

Tagak indicò gli Amici di Wendy, che guardavano verso l’alto, le bocche chiuse, ma gli occhi intensi, come se stessero comunicando Attraverso di essi. “Ho incontrato uno di loro. Sono in costante contatto l’uno con l’altro. E mi hanno detto che Nebulon e Carrion possono risolvere la crisi, se agiscono in tempo.

“Con l’aiuto di queste creature, la bambina sta resistendo…ma non per molto, ancora…”

Poi, altri fulmini piovvero dal cielo

 

Il bozzolo di luce conteneva una bambina. Indiana, senza dubbio.  Il volto era sereno, disteso nel sonno, e la respirazione era regolare. In compenso, era tutta un livido…

Carrion osservò la ruota…No, non era una sua impressione: lentamente, molto lentamente, la ruota si muoveva. Non sapeva quale meccanismo o incantesimo lo permettessero, ma era chiaro che quell’oggetto era il cuore del problema. E se energie vitali erano al lavoro, lì…

Il cadavere vivente si avvicinò alla ruota. Le forze oscure cercarono di fare presa sulla sua mente, ma era pressoché inutile contro un essere che aveva fatto della morte la propria filosofia…

Carrion allungò una mano guantata, e toccò la ruota.

 

Niente terremoto, niente esplosioni spettacolari, niente fuoco e fiamme.

Semplicemente, ci fu come un lungo sospiro che percorse il deserto, poi il fenomeno mistico sbiadì, e scomparve definitivamente, lasciando spazio ad una spettacolare alba.

Nebulon vide le leylines tornare ai propri, naturali colori vibranti, armoniosi. E per lui, per ora, fu abbastanza…

 

C’erano volute diverse ore, per rimettere insieme una parvenza di normalità fra gli ultimi abitanti di Benson, ora ridotti a poco più di quaranta, dopo i disordini nella chiesa. E quei sopravvissuti stavano, mestamente, preparando i bagagli da caricare sui pochi veicoli rimasti miracolosamente interi.

La comunità era stata sconfitta definitivamente. Presto, solo i fantasmi avrebbero abitato Benson.

 

“E’ tutto successo così in fretta,” disse Petunia, rivolgendosi agli otto Supernaturals. Stavano tutti sulla Main Street, sotto gli occhi indifferenti e rassegnati della gente. “Non so neppure cosa pensare…Ma so che senza di voi, sarebbe stata la fine, e tanto mi basta. Senza contare che siete riusciti a salvare Wendy.”

“Sottoscrivo pienamente,” disse Jacob Grimm. “Dovremo comunque informare i Fantastici Quattro, o mio nipote Ben non me la perdonerà mai…ma il vostro coinvolgimento non sarà reso pubblico. A proposito di Wendy, la piccola sembra non avere memoria alcuna di quest’esperienza. Ora dorme della grossa, ma se ci teneste a saperlo, saremo io e Penny, ad occuparcene.”

Nebulon sembrava soddisfatto. “Signori, speriamo che non ci sia più bisogno di noi. Addio.” Indietreggiò di qualche passo, per raggiungere il gruppo, e ad un suo gesto, i super-esseri scomparvero in un lampo di teletrasporto.

Penny e Jake si scambiarono un’occhiata, poi andarono alla loro macchina. Non avrebbero abbandonato la professione, questo era certo. Avrebbero ricominciato, e questa volta avrebbero avuto un motivo ancora più valido per fare del loro meglio…

 

Dentro la macchina, Wendy dormiva sonoramente. Dormiva, e sorrideva beata, mentre percorreva un sogno bellissimo con sua madre e suo padre, e tutto, lì, andava per il meglio.

Un bel sogno, uno dei tanti che l’aspettavano, perché la sua mente tormentata da troppi incubi guarisse il più presto possibile.

Uno dei tanti sogni che i suoi Amici Speciali le avrebbero dolcemente sussurrato ogni notte, mentre allo stesso tempo avrebbero vigilato su di lei, standole accanto, fra le ombre, visibili solo a lei…



[i] FANTASTICI QUATTRO Star #11

[ii] Ep. #10